E’ una delle Doc più giovani , ma è incastonata in un territorio antico e fascinoso attraversato dalla storica via Francigena. La strada, un tempo percorsa da pellegrini e mercanti per andare e tornare da Roma, si snoda in una campagna considerata la più bella al mondo. E infatti l’Unesco, nel 2004, ha inserito la Val d’Orcia nel patrimonio dell’umanità, primo territorio rurale ad aver ottenuto questo riconoscimento. Morbide colline coronate da file di cipressi, castelli, abbazie, piccoli poderi e suggestivi borghi medievali accolgono il visitatore che arriva nel cuore fondo della Toscana. La Doc Orcia, nacque il 14 febbraio del 2000, giorno di San Valentino, grazie a un manipolo di produttori tenaci e lungimiranti che fondarono anche il Consorzio. Questa Doc, geograficamente, è letteralmente incastrata fra due giganti dell’enologia toscana: il Brunello e il vino Nobile. Ma il sangiovese da cui scaturisce l’Orcia Doc non è quello che viene coltivato e vinificato a Montalcino o a Montepulciano, almeno da disciplinare. Dunque, niente prugnolo gentile né sangiovese grosso, anche se il sangiovese coltivato e diffuso da queste parti si riconosce immediatamente per il colore rubino cupo e per i tannini “scalpitanti” che si aprono al palato. E, naturalmente, il sangiovese stesso non poteva non essere la spina dorsale della denominazione. Ma se è giovane e piccola come ettari vitati e come numero di produttori, la Doc Orcia è una delle più vaste per estensione territoriale. Sono infatti ben 13 i Comuni nei quali si produce questo vino: Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Giovanni d’Asso, San Quirico d’Orcia e Trequanda; e parte dei Comuni di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrrita di Siena. Il giovane Consorzio di tutela punta, com’è giusto che sia, alla valorizzazione dei vitigni autoctoni quali sangiovese, foglia tonda (antico clone di sangiovese, recentemente riportato in auge), colorino e canaiolo, anche se sono ammessi alcuni vitigni internazionali cosiddetti “migliorativi” riconosciuti dalla Regione Toscana. “Di sangiovese si nasce, di sangiovese dobbiamo morire”, è una delle battute preferite di Andrea Mazzoni, un enologo che segue diverse aziende dell’Orcia e che conosce assai bene il territorio. Territorio che, vista l’estensione, si presenta con marcate differenze di terroir e microclima, e di conseguenza dà vini con caratteristiche organolettiche tutt’affatto diversificate. E d’altra parte il sangiovese è un vitigno straordinario assai diffuso in Toscana. Attualmente il disciplinare di produzione prevede l’impiego di almeno il 60% di questo uve ma ci sono precise indicazioni e la dichiarazione d’intenti dei soci per portare la percentuale almeno al 70-80% e di dare ancora più spazio a vitigni autoctoni di grande tradizione come il colorino, il foglia tonda e la malvasia nera. Le Aziende vinicole di questa zona sono medio-piccole, anche perché un tempo in Val d’Orcia era assai diffusa la mezzadria. E questo spiega perché, oltre al vino, la Val d’Orcia offre anche olii extravergini finissimi, mieli fragranti, squisiti salumi (da pregiati maiali di razza cinta senese), formaggi odorosi, oltre ad animali da cortile e (un tempo) da lavoro come le mitiche chianine. “Molte delle nostre aziende sono la trasformazione di piccoli poderi mezzadrili, con un ettaro di vigna in media. Vi sono anche realtà più grandi e modernamente attrezzate ma le nostre aziende –tipo non possono basare la loro economia esclusivamente sul vino”, dice infatti Donella Vannetti, presidente del Consorzio al suo terzo mandato. Una particolarità curiosa. Questa manifestazione è itinerante e ogni anno si svolge in un paese diverso, giacché questa denominazione ha lo straordinario privilegio di avere molte piccole città d’arte al suo interno. L’anno scorso, ad esempio, la manifestazione si svolse a San Giovanni d’Orcia con il tartufo delle Crete senesi; nel 2006 a Buonconvento, in Val d’Arbia, con la chianina, mentre la prima edizione si tenne a Monticchiello col famoso “cacio” di Pienza. La Doc Orcia, dunque, riguarda per lo più aziende piccole come Poggio al Vento di proprietà di Roberto Mascelloni. I vigneti, che hanno una bassissima resa per ha, si trovano su un crinale esposto ai venti (donde il nome), il vino di punta dell’azienda è l’Arcere uvaggio di sangiovese (85%) e cabernet sauvignon. Poggio al Vento –che è anche un delizioso agriturismo- produce due olii extravergini d’oliva sopraffini ( uno monocultivar, l’altro il blended toscano classico), mieli e grappe. Se possibile, fatevi invitare a cena dalla mamma di Roberto che cucina in maniera divina gli animali di cortile rigorosamente allevati a terra in fattoria o cacciati dal marito. Alla Fattoria del Colle di Trequanda, di Donatella Colombini Cinelli, un nome che non ha bisogno di presentazioni, si produce il “Cenerentola”. Il nome gli è stato dato per ricordare i due giganti della zona ( il Brunello e il Nobile, per l’appunto) e scaturisce da un uvaggio di sangiovese e foglia tonda, l’antico clone di sangiovese dimenticato per oltre un secolo e felicemente riesumato e riportato all’antica dignità da Donatella. Che ha fatto bingo anche stavolta. Il piccolo ristorante della fattoria offre specialità tipiche del territorio. E’ un’azienda di medie proporzioni anche Belsedere, che vanta lunga e consolidata fama dai suoi salumi di cinta senese (indimenticabile la soppressata!). Ora, con l’arrivo in famiglia di Martina Sorelli, che proviene da una nota e antica famiglia di vinai locali, vi si produce anche vino; il vino di punta è un uvaggio di sangiovese (80), merlot (10) e il rimanente 10% cabernet sauvignon, che matura in barriques per almeno 6-8 mesi. Anche qui è prevista ospitalità nella villa nobiliare che nel 1200 ospitò a lungo la Beata Bonizzella Cacciaconti. “Invidia” è il vino top dell’Azienda agricola Trequanda, una delle più grandi della zona, che appartiene alla Cariplo. L’uvaggio è per il 60% sangiovese, il rimanente 40% cabernet sauvignon, merlot e altri minori. Pure in questo caso passaggio in barriques per circa 12 mesi. Sono disponibili camere e piccoli appartamenti che hanno a disposizione un ristorantino riservato agli ospiti. Quali le novità e le strategie del Consorzio? Lo abbiamo chiesto a Donella Vannetti. “Mi sono posta l’obiettivo di crescere, di aumentare le aziende associate, la qualità e la quantità dei nostri vini, e di riuscire ad avere una sempre maggior visibilità. Per ottenere tutto questo occorre fare una buona comunicazione ed essere presenti agli appuntamenti più prestigiosi e presentarsi sui nuovi mercati. Per promuovere il vino Orcia partecipiamo da anni a Vinitaly, organizziamo Divin Orcia ed educational per giornalisti. Inoltre apporteremo delle modifiche al disciplinare di produzione, probabilmente aumentando le percentuali di sangiovese e forse creando una Riserva. Al di là di questo vorrei sottolineare che alcuni produttori, senza obbligo del disciplinare, hanno autonomamente deciso di affrontare la sfida di un vino Orcia fatto di sangiovese in purezza. Una scelta, questa, che ci premia sia sui mercati interni che esteri.
Emiliana Lucchesi
Especial para Trotavinos desde Italia
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